Nell Zink – Senza pelle

Gli esseri umani sono soltanto creature che “mangiano e si riproducono?”

Un romanzo di Nell Zink completamente calato nel mondo di oggi, dove, attraverso l’Europa, Tiffany si getta in un turbinio di subculture, ONG ambientaliste, birdwatching e atti di eco-terrorismo, alla ricerca di un obiettivo che dia senso alla sua esistenza.

Scritto con una prosa giovane e divertente, tradotto da Anna Mioni per Minimum fax.

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Gli uccelli erano la sfera intima di Stephen. Con loro non doveva essere fico o spassoso e nemmeno allettante. “Riprodursi e nutrirsi”, così Stephen definiva la loro vita, facendoli somigliare più a dei mangioni erotomani (cioè, a degli esseri umani) che alle orgiastiche e leggiadre creature stagionali che erano in realtà: animali di una tragicità assurda, che fuggivano allarmati dal primo accenno di maltempo, gridavano per mesi di fila per difendere territori grandi come un campo di pallamano, avevano rapporti sessuali brevi e goffi e deponevano una covata di uova dopo l’altra per darle in pasto ai predatori, sceglievano direzioni inesorabilmente sbagliate che li portavano a morire di freddo o di fame, ad annegare, o a farsi catturare dai cacciatori su qualche lago gelato, troppo esausti per muoversi.

 

Per Stephen erano un modello di brama primordiale e insaziabile. Io li vedevo in un altro modo, gli uccelli. Pensavo piuttosto a due anatre, tra le quali vige la fedeltà di coppia. Cosa avrebbero fatto se i cacciatori le avessero intrappolate? Li avrebbero affrontati tenendosi per mano? Ma nemmeno per sogno. Si sarebbero separate, ognuna in una direzione diversa. L’anatra colpita avrebbe usato le ultime forze per guardare il compagno di una vita e quello avrebbe scosse il capo come per dire: “Stai zitta, per favore. Non fare la spia solo perché stai morendo”. E l’amore avrebbe trionfato.

 

Inoltre l’estetica di Stephen non li convinceva per niente. Lui aveva già chiesto più volte a Birke, di progettare campagne con slogan escogitati da lui, come “Idroelettrico: il Moloch satanico dei quartieri alti” o “Fottuto e abbandonato” (secondo lui una descrizione più che appropriata del fiume Reno), riuscendo a rimediare solo le occhiatacce di traverso che i post-punk si beccano sempre dai giovani 2.0 e che significano: “Quanto sei poco professionale”.

 

Prese due noci dalla ciotola sul tavolo e le ruppe una contro l’altra altra con entrambe le mani. Mangiò la noce più debole, poi provò la forza della noce rimasta contro un’altra noce. Glielo avevo visto fare decine di volte. In un primo momento credevo lo facesse per ammazzare il tempo quando c’era silenzio, ma dopo che la stessa noce vinse otto scontri capii.

“La noce più forte è noiosa”, dissi. “Tanto valeva che fosse un sasso”.

“Si illude che lo schiaccianoci la trovi molto attraente”, disse, e prese lo schiaccianoci.

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